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Chi era il Gioânn

“Il mio vero nome è Giovanni Luigi Brera. Sono nato l’8 settembre 1919 a San Zenone Po, in provincia di Pavia, e cresciuto brado o quasi fra boschi, rive e mollenti (…). Io sono padano di riva e di golena, di boschi e di sabbioni. E mi sono scoperto figlio legittimo del Po”.

Così Gianni Brera presentava sé stesso in uno dei suoi scritti più riusciti:”Se Po c’è ancora”, nel quale si faceva cronista della propria infanzia e della millenaria storia padana. Gioânnbrerafucarlo, come amava talvolta firmarsi, é stato il più famoso giornalista sportivo italiano. Ha lavorato per testate quali “Il Guerin Sportivo”, “Il Giorno”, “Il Giornale”, “la Repubblica”.

Amato o odiato, ha scritto anche libri di atletica leggera, calcio, ciclismo, gastronomia, divertendo e commuovendo lettori di ogni età.

Quello del calcio resta l’orto che più a lungo ha coltivato ma parlava saggiamente di tutto, senza paura di ricorrere a umori e pregiudizi. “Veniva voglia di dargli ragione anche quando aveva torto” – ha scritto qualcuno – perché leggerlo “era come discutere con un amico”.

Brera, col suo miscuglio di passionalità controllata e d’ironia, forzava alla simpatia e al rispetto. Scrittore truccato da cronista, utilizzó la giovanile frequentazione della letteratura quale tecnica per affrettare i tempi del giornalismo.

Inventó così un linguaggio nuovo, colorato ed espressivo. Possedeva il gusto del ritratto proprio al narratore e la fantasia ludica del poeta ( chi è nato sul Po è “autorizzato a spendere fantasie”).

Per raccontare le vicende “pedatorie” chiamava a soccorso la mitologia (famosa la sua musa Eupalla) e la memoria “biostorica” nel sangue delle squadre e degli allenatori.

Chi non amava Brera lo accusava di scrivere sempre la stessa cosa. Ma “proprio quello era il trucco, il lettore si ritrovava come nell’Opera dei Pupi, la Commedia dell’Arte, l’epica classica” (G. Riotta).

Fu un infaticabile inventore di neologismi e molte voci del volume “Parole degli anni Novanta” ( del professor Antonio Stella, Univ. di Pavia) sono frutto del genio dei suoi polpastrelli. Sigarette, sigari e pipa gli fornivano “il pretesto d’un’indispensabile ginnastica polmonare” ed attribuiva alla nicotina ” sicure virtù curative”.

Esperto di gastronomia, bere era per lui il miglior modo per esorcizzare l’atavica paura di aver sete. L’Acqua Fiuggi peró non era il suo forte e al sofisticato vino francese ( “è come baciare una donna troppo truccata”), preferiva il nettare delle sue amate colline pavesi (Barbacarlo über alles). Brera è morto, in un incidente stradale, il 19 dicembre 1992 a Codogno, nella sua Padania: aveva 73 anni.

Riposa ora in riva all’amata Olona. Che gli sia lieve la terra. Alla sua memoria, dal 2001 si assegna il premio Gianni Brera “Sportivo dell’Anno”.

*Fonte Brera.net

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